La PMI italiana che cerca all’estero nuovi sbocchi e soprattutto rapporti commerciali stabili e a lungo termine trova nella Germania l’interlocutore adatto. L’idea secondo la quale i tedeschi sarebbero difficili da conquistare nasce dal fatto che quasi mai è compreso il motivo di tanta rigidità.

I tedeschi infatti sono un popolo molto conservativo, e per questo fedele alle abitudini da tempo consolidate, e l’ingegnere tedesco con il quale normalmente l’impresa italiana deve confrontarsi ne rappresenta l’essenza.

Facciamo un esempio per capire meglio in concreto. Prendiamo ad esempio un’azienda italiana che vende macchinari ad alta tecnologia gestiti da un software. Per espandersi nel mercato tedesco serve sapere che i tedeschi sono un popolo molto ansioso, adorano assicurarsi per qualsiasi cosa, compresi gli abiti dei bambini che all’asilo, quando litigano, potrebbero strapparsi, o il gatto che, se accudito in casa della vicina durante le vacanze potrebbe graffiarle i mobili. Perché si assicurano così tanto? Perché ogni tedesco sa che per ogni errore ne paga le conseguenze fino in fondo, per il ruolo che gli compete, senza sconti. La colpa non si cancella, mai. 

Ecco quindi che quanto più il macchinario dell’impresa italiana permette di limitare la discrezionalità dell’operatore, e quindi la possibilità che commetta errori, meglio sarà soddisfatto il bisogno tutto tedesco di ridurre l’ansia, e quindi la paura di rendersi colpevole di una scelta sbagliata. Più riduco il rischio, più riduco l’ansia e più appetibile diventa il prodotto per l’interlocutore tedesco.

Il marketing segue con una comunicazione ricca di Fakten! Daten! Zahlen!, cioè fatti, dati e numeri che vadano subito al sodo con informazioni precise, calcoli esatti, risultati di ricerche e collaudi, margini credibili che garantiscano la stabilità economica del fornitore, perché uno sconto eccessivo oltre a essere improbabile, squalificherebbe l’offerta. 

Non è un caso che in aprile gli industriali tedeschi abbiano sollecitato che la riapertura delle aziende italiane loro fornitrici avvenga quanto prima. (Fonte: VDMA)

Il motivo non è soltanto la difficoltà di trovare fornitori alternativi, ma il dover costruire da zero un rapporto di fiducia con un’impresa, magari in un Paese diverso dall’Italia. Per un Paese ansiogeno come quello tedesco dove la fiducia e un rapporto di business di lunghissimo termine sono valori fondamentali è un’opzione che va possibilmente evitata.

Se invece l’obiettivo sono gli Stati Uniti vanno fatte altre considerazioni. Gli USA nascono da un’impresa che poteva andare male, dall’altra parte dell’oceano i nostri antenati potevano non arrivarci mai.

Quindi il senso del rischio è nel DNA del popolo americano che lo rende propenso a investire in progetti e prodotti ambiziosi per raggiungere una ricchezza personale sempre maggiore.

Ogni anno l’impresa americana si pone nuovi e più grandi obiettivi, sulla base dei quali tutti i collaboratori vengono valutati. All’americano, e la politica insegna, piace stare al comando, decidere, battere la concorrenza, per ottenere sempre di più.

Il macchinario italiano ad alta tecnologia dovrà quindi essere progettato per soddisfare il bisogno dell’impresa americana di vincere sul mercato e di sentirsi al comando: più opzioni da selezionare, più personalizzazione e più discrezionalità.

Serve quindi spostare l’attenzione dal nostro mondo (prodotto, azienda, economia, politica, ecc.) e spostare lo sguardo sul cliente straniero, mettersi al suo posto, calarsi nella sua realtà e chiedersi cosa vuole, cosa lo convince a comprare da un’impresa italiana, che problemi ha nel suo quotidiano, come vive, cosa vede, da chi e cosa si fa influenzare, di chi ha stima, cosa gli piace fare, cos’è per lui la qualità, che valore dà al tempo, quando vuole iniziare a vedere i risultati del suo investimento, se le gerarchie sono importanti per lui, come concepisce lo spazio, se ha paura di rischiare o ama gli investimenti ambiziosi, cosa pensa degli italiani, quali pregiudizi ha su di loro, come fare a superare le sue obiezioni e come fare a sfruttare i pregiudizi positivi per vincere nella trattativa commerciale.

Questo è il genere di domande a cui serve dare risposta per internazionalizzare riducendo al minimo il rischio d’impresa; ovviamente le risposte variano per ogni singolo Paese. 

Ecco perché l’internazionalizzazione non è semplicemente un fatto di etichetta, non significa solo fare una buona impressione; al centro c’è l’essere umano in tutte le sue complesse sfaccettature e dalla conoscenza di questa complessità inizia il lavoro di costruzione del brand italiano all’estero, e quindi un metodo di vendita strutturato, ben pianificato e strategico.

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